domenica 19 gennaio 2014

Una giornata al parco.

Una giornata al parco.


   Mi pare scontato dirvi che dopo la mascherata a casa di Carla e Pietro, le cose tra noi erano tangibilmente cambiate. Per irrevocabili impegni di lavoro fummo costretti a non vederci per un paio di settimane. Insomma, per un motivo o per un altro, finimmo per rivederci direttamente verso la fine del mese. Prima della mascherata eravamo soliti fare delle lunghe passeggiate al centro, comportandoci come dei turisti e visitando i luoghi più ambiti di Roma. Così, quel giorno, decidemmo di ritornare alla nostra vecchia abitudine, dandoci appuntamento all’uscita della metropolitana di Piazza di Spagna.
   Pietro era vestito in modo sgangherato, come sempre. Si portava dietro un passato da metallaro fricchettone, e quindi ancora ne aveva addosso i segni; barba sfatta, capelli lunghi e vestiti stracciati e pieni di buchi. Non era per niente attento a quello che metteva addosso. Tutto il contrario di Carla, che era molto attenta a selezionare i capi d’abbigliamento. Minigonna nera e calze blu, stivali neri lunghi fin sotto le ginocchia, e sopra portava un giubbotto di pelle, di quelli che usano i motociclisti, quindi molto stretto, che accentuava le linee del suo corpo non proprio perfette. Ma devo riconoscere che era piuttosto eccitante. Poi si truccava molto, passava un sacco di tempo allo specchio tra eyeliner, rossetto, smalto rigorosamente rosso. Era bella, bisogna dirlo. Era proprio eccitante.
   Io sapevo tenermi in ordine. Non vorrei peccare di presunzione, ma ho un fisico asciutto, atletico. Se non fosse per la mia timidezza, avrei uno sciame di gnocche a ronzarmi intorno. Ma non posso lamentarmi, perché ho Roberta, che è piuttosto gnocca. Anche lei indossava una minigonna e portava le calze autoreggenti, e un cappotto nero lungo fin sopra le ginocchia. Faceva freddo e a Roma era già Natale. I negozi erano già tutti agghindati per le feste. Le luminarie ornavano tutte le vie del centro e la gente si accalcava a fare compere, nonostante la crisi terribile.
   Era una giornata grigia ma per fortuna non pioveva. Decidemmo di andare a Villa Borghese e quindi percorremmo prima via Condotti e poi il Corso, entrando in Piazza Del Popolo. Da lì, sorpassammo il grande portico e salimmo su per il viale alberato che portava alla villa. Tutto questo successe in un rigoroso silenzio imbarazzante. Camminavamo sparpagliati, guardandoci intorno per non sembrare stupidi. Poi ad un certo punto sentii Carla camminarmi a fianco, la quale mi prese la mano e io la guardai. Mi sorrise. Mi voltai verso Roberta, e notai che aveva fatto la stessa cosa con Pietro. Camminavamo come due coppie di innamorati, ma con i partner invertiti.
   Carla aveva le mani morbide. Sentivo l’erezione crescere nelle mie mutande. Quella situazione mi eccitava un casino. Una volta arrivati sul viale principale di Villa Borghese, finalmente uno di noi disse qualcosa per far cessare quel silenzio imbarazzante.
- Non ti metterai mica a fare la pazza, come l’ultima volta? – disse Roberta rivolgendosi a Carla.
- Ma dai, non ho fatto la pazza – rispose lei piuttosto divertita da quella domanda. – È stata un esperienza piacevole, non credete?
- Comunque bisognerebbe premiarti per l’originalità – dissi. – Certe cose solo tu sei capace di pensarle.
- Dai, così mi mettete in imbarazzo. Cos’è questo, un processo?
   Carla fece finta di essere offesa, tirando in fuori il labbro inferiore, come fanno i bambini. E allora Roberta le prese le guance con la mano e con quel tono di voce che si usa con un bambino che piange cercò di consolarla.
- No no, non fare così. Abbiamo assecondato molto volentieri le tue voglie porche, cosa vuoi di più?
- Voglio giocare un altro pochino – rispose con una voce infantile.
- Qui, nel parco? – domandai guardandomi in giro.
- No, scherzo – continuò ritornando al suo tono di voce normale. – Però potremmo fare qualcosa per rendere questa giornata più frizzante.
- Carla, ricordati che siamo in un luogo pubblico – Roberta cercò di frenare i suoi impulsi ludici. – Non mi va di essere arrestata per atti osceni. Dopo chi glielo dice ai miei? Glielo dici tu?
- Finiscila di fare l’isterica, e ascolta prima cosa ho da proporvi. Che ne direste di dividerci? Io e Andrea da una parte e tu e Pietro dall’altra. Ci rivediamo verso le sette alla metro di Piazza di Spagna. Che ne dite?
- Non ne capisco il motivo. Perché fare una cosa del genere? – domandò Roberta piuttosto stupita.
- Perché dopo la mascherata non abbiamo più segreti. E quindi ognuno di noi, nel caso in cui ci separassimo, proverebbe una morbosa eccitazione nel sapere che la propria partner o il proprio partner è da qualche parte a fare chissà quale porcheria.
- Non capisco, e se una delle due coppie non dovesse fare alcuna porcheria? – domandai.
- Qui viene il bello – Carla mi sorrise e poi ritornò a esporre il suo piano. – C’è una sola regola a questo gioco: siamo obbligati a fare una porcheria, in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento. In questo modo saremo costretti a stare ad un livello di eccitazione permanente, dal momento che saremo consapevoli che la nostra compagna o il nostro compagno potrebbe fare una maialata da un momento all’altro. Sono le due di pomeriggio. Abbiamo cinque ore prima delle sette per poter fare una porcheria con il nostro partner. Non mi resta che augurarvi buona passeggiata.
   A quel punto Carla mi prese la mano e Pietro prese quella di Roberta. Le nostre strade si divisero. Mi voltai per guardare la mia fidanzata un’ultima volta, e lei fece lo stesso, sorridendomi in modo beffardo. Sembrava divertita. Io avevo un erezione pazzesca nei pantaloni. Ero, come aveva detto Carla, morbosamente eccitato. Cosa avrebbe fatto Roberta? E soprattutto dove? Nel cesso di un bar, sulle rive del Tevere o in mezzo agli scaffali di una libreria. L’atto di porcaggine sarebbe potuto avvenire in qualsiasi posto.


Postato da Andrea.

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