Una giornata al parco.
Mi pare scontato
dirvi che dopo la mascherata a casa di Carla e Pietro, le cose tra noi erano
tangibilmente cambiate. Per irrevocabili impegni di lavoro fummo costretti a
non vederci per un paio di settimane. Insomma, per un motivo o per un altro,
finimmo per rivederci direttamente verso la fine del mese. Prima della
mascherata eravamo soliti fare delle lunghe passeggiate al centro,
comportandoci come dei turisti e visitando i luoghi più ambiti di Roma. Così,
quel giorno, decidemmo di ritornare alla nostra vecchia abitudine, dandoci
appuntamento all’uscita della metropolitana di Piazza di Spagna.
Pietro era vestito in modo sgangherato, come
sempre. Si portava dietro un passato da metallaro fricchettone, e quindi ancora
ne aveva addosso i segni; barba sfatta, capelli lunghi e vestiti stracciati e
pieni di buchi. Non era per niente attento a quello che metteva addosso. Tutto
il contrario di Carla, che era molto attenta a selezionare i capi d’abbigliamento.
Minigonna nera e calze blu, stivali neri lunghi fin sotto le ginocchia, e sopra
portava un giubbotto di pelle, di quelli che usano i motociclisti, quindi molto
stretto, che accentuava le linee del suo corpo non proprio perfette. Ma devo
riconoscere che era piuttosto eccitante. Poi si truccava molto, passava un
sacco di tempo allo specchio tra eyeliner, rossetto, smalto rigorosamente
rosso. Era bella, bisogna dirlo. Era proprio eccitante.
Io sapevo tenermi in ordine. Non vorrei
peccare di presunzione, ma ho un fisico asciutto, atletico. Se non fosse per la
mia timidezza, avrei uno sciame di gnocche a ronzarmi intorno. Ma non posso
lamentarmi, perché ho Roberta, che è piuttosto gnocca. Anche lei indossava una
minigonna e portava le calze autoreggenti, e un cappotto nero lungo fin sopra
le ginocchia. Faceva freddo e a Roma era già Natale. I negozi erano già tutti
agghindati per le feste. Le luminarie ornavano tutte le vie del centro e la
gente si accalcava a fare compere, nonostante la crisi terribile.
Era una giornata grigia ma per fortuna non
pioveva. Decidemmo di andare a Villa Borghese e quindi percorremmo prima via
Condotti e poi il Corso, entrando in Piazza Del Popolo. Da lì, sorpassammo il
grande portico e salimmo su per il viale alberato che portava alla villa. Tutto
questo successe in un rigoroso silenzio imbarazzante. Camminavamo sparpagliati,
guardandoci intorno per non sembrare stupidi. Poi ad un certo punto sentii
Carla camminarmi a fianco, la quale mi prese la mano e io la guardai. Mi
sorrise. Mi voltai verso Roberta, e notai che aveva fatto la stessa cosa con
Pietro. Camminavamo come due coppie di innamorati, ma con i partner invertiti.
Carla aveva le mani morbide. Sentivo
l’erezione crescere nelle mie mutande. Quella situazione mi eccitava un casino.
Una volta arrivati sul viale principale di Villa Borghese, finalmente uno di
noi disse qualcosa per far cessare quel silenzio imbarazzante.
- Non ti
metterai mica a fare la pazza, come l’ultima volta? – disse Roberta
rivolgendosi a Carla.
- Ma dai, non ho
fatto la pazza – rispose lei piuttosto divertita da quella domanda. – È stata
un esperienza piacevole, non credete?
- Comunque
bisognerebbe premiarti per l’originalità – dissi. – Certe cose solo tu sei
capace di pensarle.
- Dai, così mi
mettete in imbarazzo. Cos’è questo, un processo?
Carla fece finta di essere offesa, tirando
in fuori il labbro inferiore, come fanno i bambini. E allora Roberta le prese
le guance con la mano e con quel tono di voce che si usa con un bambino che
piange cercò di consolarla.
- No no, non
fare così. Abbiamo assecondato molto volentieri le tue voglie porche, cosa vuoi
di più?
- Voglio giocare
un altro pochino – rispose con una voce infantile.
- Qui, nel
parco? – domandai guardandomi in giro.
- No, scherzo –
continuò ritornando al suo tono di voce normale. – Però potremmo fare qualcosa
per rendere questa giornata più frizzante.
- Carla,
ricordati che siamo in un luogo pubblico – Roberta cercò di frenare i suoi
impulsi ludici. – Non mi va di essere arrestata per atti osceni. Dopo chi
glielo dice ai miei? Glielo dici tu?
- Finiscila di
fare l’isterica, e ascolta prima cosa ho da proporvi. Che ne direste di
dividerci? Io e Andrea da una parte e tu e Pietro dall’altra. Ci rivediamo
verso le sette alla metro di Piazza di Spagna. Che ne dite?
- Non ne capisco
il motivo. Perché fare una cosa del genere? – domandò Roberta piuttosto stupita.
- Perché dopo la
mascherata non abbiamo più segreti. E quindi ognuno di noi, nel caso in cui ci
separassimo, proverebbe una morbosa eccitazione nel sapere che la propria
partner o il proprio partner è da qualche parte a fare chissà quale porcheria.
- Non capisco, e
se una delle due coppie non dovesse fare alcuna porcheria? – domandai.
- Qui viene il
bello – Carla mi sorrise e poi ritornò a esporre il suo piano. – C’è una sola
regola a questo gioco: siamo obbligati a fare una porcheria, in qualsiasi luogo
e in qualsiasi momento. In questo modo saremo costretti a stare ad un livello
di eccitazione permanente, dal momento che saremo consapevoli che la nostra
compagna o il nostro compagno potrebbe fare una maialata da un momento
all’altro. Sono le due di pomeriggio. Abbiamo cinque ore prima delle sette per
poter fare una porcheria con il nostro partner. Non mi resta che augurarvi
buona passeggiata.
A quel punto Carla mi prese la mano e Pietro
prese quella di Roberta. Le nostre strade si divisero. Mi voltai per guardare
la mia fidanzata un’ultima volta, e lei fece lo stesso, sorridendomi in modo
beffardo. Sembrava divertita. Io avevo un erezione pazzesca nei pantaloni. Ero,
come aveva detto Carla, morbosamente eccitato. Cosa avrebbe fatto Roberta? E
soprattutto dove? Nel cesso di un bar, sulle rive del Tevere o in mezzo agli
scaffali di una libreria. L’atto di porcaggine sarebbe potuto avvenire in
qualsiasi posto.
Postato da Andrea.
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