giovedì 13 febbraio 2014

Lo schiavo.

Lo schiavo.

- Io vado a mangiare una pizza con Pietro. Ritorno tra un paio d’ore – disse Roberta. – Mi raccomando, dateci dentro
   Non potevo crederci, stavo per trascorrere una serata da solo con Carla! La cosa che avevo sempre desiderato. Lei era lì, di fronte a me, tutta nuda, e mi guardava con aria da pantera, quasi come se mi stesse dicendo: “prendimi”. Ma era tutto così difficile, perché aveva così tanto desiderato questo momento che adesso non sapevo come comportarmi. Avevo paura di bruciarmi quest’occasione.
- Lo so perché mi stai guardando in quel modo – mi disse. – Scommetto che potrei chiederti qualsiasi cosa, e tu lo faresti.
   Certo che poteva. Ero nelle sue mani. Lo ero sempre stato. Carla aveva questo strano effetto su di me; quando ero con lei diventavo il suo fantoccio, il suo schiavo, diventavo un suo oggetto.
- Allora vediamo… leccami i piedi.
   Non me lo feci ripetere due volte e mi gettai a terra, e tirai fuori la lingua leccandole le dita dei suoi piedini tozzi e caldi, con passione e devozione, e poi le sue caviglie, e poi ritornavo alle sue dita, dandogli dei teneri baci e delle intense pennellate con la lingua.
- Bravo – mi disse. – Vedi, io lo so che mi vuoi. Lo sento. Ti confesso che non ho mai visto un uomo più innamorato di te. Ma io il fidanzato già ce l’ho. Sai cosa mi manca, invece? Uno schiavo. È quello che ho sempre desiderato. Da oggi in poi tu sarai il mio schiavo, e ti rivolgerai a me chiamandomi “padrona”. Allora, hai capito o devo spiegartelo ancora, cretino?
- Sì.
- “Sì” cosa? – mi mise la pianta del piede sulla faccia tenendomi il viso contro il pavimento.
- Sì padrona.
- Ecco, bravo – tolse il piede dal mio viso, e io fui libero di ritornare a baciarglielo e a ficcarmi le sue dita in bocca, succhiandole con passione. – Tu sei sempre stato l’elemento passivo del quartetto, mi è stato chiaro fin dal primo giorno che saresti stato uno schiavo esemplare. E adesso spogliati, mentre la tua padrona va a mettersi qualcosa di più comodo.
- Sì.
- “Sì” cosa? – urlò colpendomi con uno schiaffo sul viso.
- Sì padrona.
- Molto bene.
   A quel punto Carla si chiuse in bagno, e io tremavo dal piacere, avevo come dei brividi, dei sussulti, e intanto mi spogliai. Quando Carla venne fuori dal bagno mi stupii di quanta roba si era portata dietro per l’occasione. Ed era come se già lo sapesse da qualche giorno quello che sarebbe successo, perché aveva recuperato chissà dove tutto il necessario per rendermi schiavo, a cominciare da un collare con una lunga catena. Lei indossava un corpetto in lattice, delle calze autoreggenti e le scarpe con i tacchi a spillo. E sorpresa delle sorprese, non aveva le mutande!
- Inginocchiati – mi ordinò.
   Obbedii e lei mi mise il collare intorno al collo.
- Stai giù – urlò.
   Mi misi a quattro zampe, e lei si avviò verso la cucina, e io la seguii come un devoto segugio, e lei ogni tanto mi strattonava con la catena. E standole dietro le guardavo il suo culo tozzo. Sculettava in maniera meravigliosa. Si faceva desiderare. Arrivati in cucina, Carla si versò dell’acqua in un bicchiere e bevve.
- Ops, che sbadata. Hai sete?
- Sì, padrona.
- E allora apri bene la bocca.
   Con un piede mi fece stendere per terra a pancia all’aria, e allargò le cosce, aprendosi le labbra della vagina con due dita, in direzione del mio viso, e dopo qualche secondo uscì una pioggerella d’orata delicata e calda che mi schizzò sulla faccia, e io la lasciavo cadere in bocca, facendola scivolare fuori dai lati delle labbra.
- E ora puliscimi – mi disse quando ebbe finito di fare la pipì, e avvicinò la sua vagina alla mia bocca e io gliela leccai e gliela succhiai con grande passione, e la sua folta peluria rossastra e umidiccia mi inondò la bocca. Poi riprese il manico del guinzaglio e mi strattonò, riportandomi nel soggiorno. – Ti piacciono i miei tacchi?
- Sì, padrona.
- E allora leccali.
   Avvicinai la lingua ai tacchi delle sue scarpe nere e li leccai come se fossero l’estensione del suo corpo. Ed ero così preso che non mi accorsi neppure che qualcuno aveva aperto la porta d’ingresso.
- Che bel quadretto – era la voce di Roberta, allora a quel punto mi destai e guardai verso la mia fidanzata. Non era sola, era in compagnia di Pietro. Che vergogna! Mi vergognai così tanto che abbassai lo sguardo. E sia Pietro che Roberta sorridevano, come divertiti da quello che stava succedendo. Ormai era ufficiale. Lo sapevano anche loro. Ero lo schiavo di Carla a tutti gli effetti. 

Postato da Andrea.

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