Lo schiavo.
- Io vado a
mangiare una pizza con Pietro. Ritorno tra un paio d’ore – disse Roberta. – Mi
raccomando, dateci dentro
Non potevo crederci, stavo per trascorrere una
serata da solo con Carla! La cosa che avevo sempre desiderato. Lei era lì, di
fronte a me, tutta nuda, e mi guardava con aria da pantera, quasi come se mi
stesse dicendo: “prendimi”. Ma era tutto così difficile, perché aveva così
tanto desiderato questo momento che adesso non sapevo come comportarmi. Avevo
paura di bruciarmi quest’occasione.
- Lo so perché
mi stai guardando in quel modo – mi disse. – Scommetto che potrei chiederti qualsiasi cosa, e tu lo faresti.
Certo che poteva. Ero nelle sue mani. Lo ero
sempre stato. Carla aveva questo strano effetto su di me; quando ero con lei
diventavo il suo fantoccio, il suo schiavo, diventavo un suo oggetto.
- Allora
vediamo… leccami i piedi.
Non me lo feci ripetere due volte e mi
gettai a terra, e tirai fuori la lingua leccandole le dita dei suoi piedini
tozzi e caldi, con passione e devozione, e poi le sue caviglie, e poi ritornavo
alle sue dita, dandogli dei teneri baci e delle intense pennellate con la
lingua.
- Bravo – mi
disse. – Vedi, io lo so che mi vuoi. Lo sento. Ti confesso che non ho mai visto
un uomo più innamorato di te. Ma io il fidanzato già ce l’ho. Sai cosa mi
manca, invece? Uno schiavo. È quello che ho sempre desiderato. Da oggi in poi
tu sarai il mio schiavo, e ti rivolgerai a me chiamandomi “padrona”. Allora,
hai capito o devo spiegartelo ancora, cretino?
- Sì.
- “Sì” cosa? –
mi mise la pianta del piede sulla faccia tenendomi il viso contro il pavimento.
- Sì padrona.
- Ecco, bravo –
tolse il piede dal mio viso, e io fui libero di ritornare a baciarglielo e a
ficcarmi le sue dita in bocca, succhiandole con passione. – Tu sei sempre stato
l’elemento passivo del quartetto, mi è stato chiaro fin dal primo giorno che
saresti stato uno schiavo esemplare. E adesso spogliati, mentre la tua padrona
va a mettersi qualcosa di più comodo.
- Sì.
- “Sì” cosa? –
urlò colpendomi con uno schiaffo sul viso.
- Sì padrona.
- Molto bene.
A quel punto Carla si chiuse in bagno, e io
tremavo dal piacere, avevo come dei brividi, dei sussulti, e intanto mi
spogliai. Quando Carla venne fuori dal bagno mi stupii di quanta roba si era
portata dietro per l’occasione. Ed era come se già lo sapesse da qualche giorno
quello che sarebbe successo, perché aveva recuperato chissà dove tutto il
necessario per rendermi schiavo, a cominciare da un collare con una lunga
catena. Lei indossava un corpetto in lattice, delle calze autoreggenti e le scarpe con i tacchi a spillo. E sorpresa delle sorprese, non aveva le mutande!
- Inginocchiati
– mi ordinò.
Obbedii e lei mi mise il collare intorno al
collo.
- Stai giù –
urlò.
Mi misi a quattro zampe, e lei si avviò
verso la cucina, e io la seguii come un devoto segugio, e lei ogni tanto mi
strattonava con la catena. E standole dietro le guardavo il suo culo tozzo.
Sculettava in maniera meravigliosa. Si faceva desiderare. Arrivati in cucina,
Carla si versò dell’acqua in un bicchiere e bevve.
- Ops, che
sbadata. Hai sete?
- Sì, padrona.
- E allora apri
bene la bocca.
Con un piede mi fece stendere per terra a
pancia all’aria, e allargò le cosce, aprendosi le labbra della vagina con due
dita, in direzione del mio viso, e dopo qualche secondo uscì una pioggerella
d’orata delicata e calda che mi schizzò sulla faccia, e io la lasciavo cadere
in bocca, facendola scivolare fuori dai lati delle labbra.
- E ora
puliscimi – mi disse quando ebbe finito di fare la pipì, e avvicinò la sua
vagina alla mia bocca e io gliela leccai e gliela succhiai con grande passione, e la sua folta peluria rossastra e umidiccia mi inondò la bocca.
Poi riprese il manico del guinzaglio e mi strattonò, riportandomi nel
soggiorno. – Ti piacciono i miei tacchi?
- Sì, padrona.
- E allora
leccali.
Avvicinai la lingua ai tacchi delle sue
scarpe nere e li leccai come se fossero l’estensione del suo corpo. Ed ero così
preso che non mi accorsi neppure che qualcuno aveva aperto la porta d’ingresso.
- Che bel
quadretto – era la voce di Roberta, allora a quel punto mi destai e guardai
verso la mia fidanzata. Non era sola, era in compagnia di Pietro. Che vergogna!
Mi vergognai così tanto che abbassai lo sguardo. E sia Pietro che Roberta
sorridevano, come divertiti da quello che stava succedendo. Ormai era
ufficiale. Lo sapevano anche loro. Ero lo schiavo di Carla a tutti gli effetti.
Postato da Andrea.